Posso dire ciò che voglio.

È inutile, l’essere non è pensabile, in ogni caso non è conoscibile, né mai sarebbe comunicabile.
Se fosse eterno, non avrebbe principio, dunque sarebbe infinito, cioè in nessun luogo, pertanto non esisterebbe. 
Se non fosse eterno, sarebbe nato: o dall’essere, ma allora sarebbe già stato, dunque non sarebbe nato; oppure dal niente, ma dal niente non viene niente. 
Qualunque pensiero sull’essere finisce per contraddirsi: non è un concetto utilizzabile. 
D’altronde non è vero che ciò che penso esiste, altrimenti esisterebbero i cavalli volanti ed ogni altra fantasia; dunque ciò che penso non esiste; dunque l’essere non può essere pensato, altrimenti non sarebbe.
Questo significa che in ogni caso non posso conoscere l’essere.
E comunque non potrei spiegarlo a nessuno, perché l’essere sta fuori di me, mentre le parole stanno dentro me: non può diventare parole, così come ciò che vedo non può diventare ciò che odo.
Insomma, qualunque cosa io pensi, sono capace di dimostrare il contrario, pertanto mi ritrovo senza alcuna certezza; e poiché sono certo che nei miei pensieri ci sono anche fantasie senza realtà, non posso essere certo di cosa sia realtà e cosa fantasia; e poiché i pensieri sono fatti di parole, che sono tutt’altro che realtà, come posso pensare di parlare della realtà?
Dunque posso dire ciò che voglio, la parola ha dominio incontrastato, ha una potenza divina. 
La parola dirige gli uomini muovendo i loro sentimenti.
Gli uomini si muovono costretti dal caso, dalla violenza, dalle passioni, o dagli dèi, ma allora che responsabilità hanno?

[ Gorgia 430 a.C. ]